giovedì 28 maggio 2009

Revolution

Vorrei segnalarvi questo interessante articolo su gamasutra, uno dei migliori siti per professionisti, o aspiranti tali, che ruotano attorno al mondo devideogiochi.
La news riporta stralci di un'intervista che Guillermo del Toro, regista del prossimo Hobbit cinematografico (nonchè della serie di Hellboy e del pregevole "Il Labirinto del Fauno") ha rilasciato a Wired.

La frase che mi ha colpito dell'intervista è

The moment you connect creative output with a public story engine, a narrative can continue over a period of months or years. It's going to rewrite the rules of fiction.

Bè è esattamente a questo tipo di ricerca cui accennavo nella chiosa del Post#1 di questo blog.

Per riprendere il filo di quel discorso: penso che ci sia là fuori una generazione di autori, artisiti e game designer, cresciuta con i giochi di ruolo e i videogames che non ha ancora detto la sua fino in fondo; che non ha ancora prodotto la sua rivoluzione. Credo che il futuro dell'intrattenimento sia una sorta di commistione tra diversi media, tra narrazione lineare (una storia) e un mondo vivo e palpitante, creato da un team di autori, ma poi plasmato dalle gesta dei giocatori.

Sono sicuro che ce l'abbiamo in pancia questa rivoluzione.

lunedì 25 maggio 2009

I Nostri Eroi

P.H.A.A.T.
Passion, Hero, Antagonist, Awarness, Transformation.
PHAAT, se preferite. Questi sono, secondo la scuola holliwoodiana, gli elementi necessari per una buona "storia".
Una motivazione forte, un protagonista in cui identificarsi e che metta in moto la trama, un antagonista che si metta di traverso tra l'eroe e i suoi obiettivi, un momento di consapevolezza (o di auto consapevolezza) che conduca alla trasformazione del protagonista.
Sui singoli elementi ci sarebbe molto da dire e ci sono anche un sacco di buone letture là fuori.

Molti eroi
In un gioco di ruolo le cose sono un po' diverse. Tanto per cominciare gli eroi sono più di uno. E richiedono tutti una equa e democratica attenzione da parte del master (per la cronaca: sì ho commesso l'errore di comportarmi diversamente in passato e credo di non aver reso merito a tutti i miei giocatori). Poi ci saranno inevitabilmente quelli più entusiasti e creativi, che stimoleranno il master con disegni, suggerimenti e racconti e che daranno quindi la sensazione di sentirsi più consapevolmente parte del processo creativo. Posto che costoro rappresentano importanti elementi trainanti nel gruppo e che vanno incoraggiati, tutti hanno comunque diritto alla loro parabola.
Facendo tesoro dei cinque elementi chiave della narrazione, ognuno di loro avrà la sua rivelazione, il suo scopo e il suo antagonista "personali", distinti dallo scopo e dal "grande antagonista" di tutto il gruppo.
Come conciliare le spinte personali dei singoli personaggi e, nello stesso tempo tenere unito il gruppo con uno scopo comune, è la principale sfida per un dungeon master.
Ricordo di aver letto sull'eccelente "Role Playing Tips" che esistono tipicamente due approcci per pianificare una campagna: plan wide and short vs. plan long and narrow.
Nel primo caso si gettano delle premesse per riunire i personaggi, immaginando un primo scopo comune, si costruiscono molto bene le condizioni al contorno, (preoccupandosi del mondo con un certo dettaglio) e si lascia che i personaggi decidano cosa fare.
Nel secondo, si crea una trama e si cerca di portare i nostri eroi su un sentiero noto al master, riconducendo, più o meno elegantemente, le divagazioni nell'alveo del plot prestabilito.
Nel primo caso il master progetta molto bene il mondo e i personaggi non giocanti, nel secondo progetta le avventure per "scene".

Bene, per questa nuova campagna vorrei progettare intorno agli scopi, agli antagonisti e alle potenziali rivelazioni dei singoli personaggi e vedere dove mi porta questo approccio.

martedì 19 maggio 2009

Una nuova campagna

Creare un mondo nuovo, che faccia da sfondo alle gesta dei nostri eroi, è uno dei compiti più divertenti per la maggior parte dei dungeon master. Senz'altro è quello che io preferisco.

Non ho mai provato molto trasporto per le meccaniche di gioco troppo complicate, nè trovo particolare soddisfazione nel mettere in difficoltà i giocatori utilizzando i vincoli del regolamento.
Adoro però quel senso di meraviglia e di sfida che provano quando si accorgono di essere immersi in un mondo con una sua coerenza interna e di interagire con personaggi non giocanti mossi da scopi e pulsioni realistiche. Per creare questa alchimia occorre un certo lavoro di preparazione.

Epica o realismo?
Una delle decisioni che ho sempre trovato difficili da affronare, delle molte che si presentano quando si crea una nuova campagna da zero, è se creare un mondo geograficamente e politicamente realistico, oppure puramente funzionale alle gesta dei nostri eroi.
Nel primo caso occorre di solito partire dal generale e scendere nel particolare: forma delle terre emerse, catene montuose coerenti, fiumi che seguono percorsi verosimili, regni e città che sorgono dove le condizioni sono favorevoli.
Nel secondo caso si parte dagli elementi che servono alla campagna (per esempio: il castello del re-negromante, la foresta fatata con un lago al centro, la capitale del reame e i terreni di cova dei draghi) e li si dispone in modo funzionale allo svolgimento delle avventure.

I due approcci non si riflettono solo sull'aspetto finale che avrà la mappa di gioco, ma anche sul sapore di tutta la campagna.
In un mondo realistico è ragionevole pensare che i personaggi giocanti siano solo alcuni fra i molti avventurieri che popolano il regno e che, ben che vada, assurgeranno al ruolo di eroi locali. Se la vostra campagna li porterà compiere gesta importanti questo avverrà ragionevolmente con l'aiuto di altre figure chiave e dopo una lunga e rischiosa gavetta. E, quello che è più iportante, i giocatori avranno sempre la sensazione che il mondo è troppo vasto per essere conosciuto tutto e accetteranno il fatto che altrove sono in opera eventi di cui non saranno mai nè protagonisti nè testimoni.
In un mondo "epico" semplicemente tutto esiste in funzione delle gesta dei personaggi. Se c'è un altorve è vagamente tratteggiato, e quasi sicuramente i nostri eroi avranno un ruolo chiave negli eventi che sconvolgeranno o metteranno in salvo il loro mondo.

Un tempo preferivo nettamente il primo approccio, che era molto ambizioso ma che, in definitiva, mi portava a preoccuparmi di particolari che erano del tutto trasparenti per i miei giocatori. In questo preciso momento, con all'orizzonte l'inizio di una nuova campagna, sto propendendo per un compromesso tra i due. Un po' perchè è più economico, un po' perchè vorrei dare più importanza ai giocatori, al peso delle loro azioni e, in definitiva, alla loro epica.

Vi terrò aggiornati in corso d'opera sui risultati di questo "compromesso".

Goodie
Nel frattempo, trovate qui una mappa generica per un tipico villaggio fantasy. Fatene l'uso che volete per la vostra campagna: aggiungete scritte, edifici, descrizioni, whatever. Se ne fate un utilizzo in qualche modo pubblico vi chiedo solo la cortesia di citare questo blog.



giovedì 14 maggio 2009

Di chi è figlio re Artù?

Il ciclo bretone non ha un autore. Più precisamente: ne ha molti e non ne ha nessuno.
Dove affondi le sue origini il personaggio re Artù non è un dato acquisito: qualche evidenza condurrebbe alla figura, storicamente incerta, di un generale celto-romano che si è opposto, nei secoli bui, all'invasione anglo-sassone delle isole britanniche.
Parlano di lui Nennio e Goffredo di Monmouth, e lo fanno come di una figura storica. Racconta le sue gesta il Mabinogion gallese nel medioevo, poi lo fa Maria di Francia e, con enorme fortuna, Thomas Malory, rielaborando i testi inglesi e francesi che gli erano giunti.
Di questa "Materia di Britannia" si impossessano in molti e in tutta Europa. Figure minori (Gawain) o inesistenti (Lancillotto, Percival) nel ciclo originario diventano protagonisti di altre opere e l'epica si estende. I racconti e le gesta si moltiplicano, avendo tutte come denominatore uno stesso "mondo".
Vi ricorda qualcosa?
Spero che mi passerete l'accostamento provocatorio: il ciclo Bretone è un colossale, affascinante progetto narrativo open source.

mercoledì 13 maggio 2009

Post #1


Sono un dungeon master di vecchia data, come ho già scritto altrove. Questo significa che mi piace fare tardi con gli amici, sentire il rollio dei dadi sul tavolo di qualche cucina e vedere le storie che prendono vita.
La lunga militanza tra gli appassionati di questo hobby - il gioco di ruolo - mi ha regalato ore di divertimento puro, di autentica fuga e, occasionalmente, di vera emozione creativa.
Non so se avete mai provato quella sensazione. E' come essere testimoni di una scintilla. E quando succede, bè, ogni cosa va a posto. Vi sentite la persona giusta al posto giusto (cosa che non vi deve succedere spesso, altrimenti non avreste scelto questo hobby).
Per qualche istante tutto sembra rispondere a una sorta di armonia segreta. E' come se per un attimo si dischiudesse il velo.
Ecco, è una vita che inseguo quella sensazione: quando l'hai provata non puoi più farne a meno.

La mia è una lunga crisi di astinenza se devo essere sincero. Sapete, un po' ho mentito.
E' più giusto dire che io
ero un dungeon master, ma il lavoro, la famiglia, i figli, insomma la vita, ti portano prima a sfoltire e poi ad abbandonare tutto ciò che è superfluo, o che lo sembra. Il gioco resiste per un po', ma poi, proprio come un tragico eroe che se ne sta sulla collina con la spada in pugno, circondato da un esercito di nemici, viene anche il suo momento.
Guardandomi un po' indietro, e con quel po' di giusto distacco che gli anni ti donano, mi rendo conto che certe cose non possono tornare. Eravamo giovani, avevamo tempo. Eravamo anche di bocca buona per essere sinceri. Eravamo affamati di storie da vivere. Ogni contaminazione, citazione, idea rubata, era un'ottima pietanza da imbandire per la sessione della domenica sera. Si leggeva di tutto, Tolkien, Brooks, Moorcock, Weis&Hickman e si copiava a mani basse, siamo sinceri, ma quello che ne veniva fuori era comunque qualcosa di originale.

Ora, io non ho pretese di essere un esperto di narratologia, ho letto qualcosa certo, ma resto pur sempre poco più di un hobbista con delle velleità. Eppure sono sicuro che, quando facevo il dungeon master, sono stato testimone di un'autentica magia: ho scoperchiato il giocattolo per vedere come funziona e ho visto come prendono vita le storie. Ho visto la materia grezza che entrava da una parte (il mio lavoro di dungeon master, con qualche rara fantasia originale e molte idee prese a prestito), gli ingranaggi che giravano, i giocatori che si appropriavano del mondo e le storie che nascevano.
Non era certo roba mia, non era solo roba loro.
Ecco, il conto non tornava nel bilancio energia/materia. Il risultato finale era maggiore della somma degli elementi che lo componevano.
Il dio dei cantastorie era sceso tra di noi, aveva pizzicato le corde della sua arpa magica ed era nato qualcosa di nuovo.
Sono sicuro che le nuove storie che meritano di essere raccontate hanno bisogno di questo. Hanno bisogno di un mondo che le accolga e della passione di tanti giocatori.
Questo blog non è nato per fare riflessioni malinconiche sul bel tempo andato. Vorrei creare qualcosa insieme a voi.
Naturalmente torneremo sull'argomento.