martedì 26 luglio 2011

Makers

Ho fatto un paio di letture interessanti di recente. Una è Rework - manifesto del nuovo imprenditore minimalista; la sua lettura mi ha fatto venir voglia di riprendere e terminare un romanzo molto bello: Makers, di Cory Doctorow.

Consiglio ovviamente la lettura di entrambi (facile manuale di self help il primo, più impegnativo il secondo, disponibile peraltro solo in lingua inglese, anzi, americana).

Sarà quello che vedo in giro, sarà la crisi finanziaria globale, sarà la rivoluzione del web, sarà, infine, un senile wishful thinking, ma mi sto sempre più convincendo che ci stiamo spostando verso un modello di creatività che mette sempre più a diretto contatto chi inventa e crea le cose (i giochi, le storie, nella fattispecie) e chi le "consuma".

In queste serate estive sogno la finale sconfitta/scomparsa di tutta quella pletora di figure intermedie di dubbia utilità: facilitatori di non ben definita formazione, assidui frequentatori di riunioni, organizzatori di workshop, piccoli Bisignani dell'industry, strateghi che non sono mai stati in trincea. Insomma, tutti quelli che non fanno cose, ma pigliano la percentuale sul valore creato da altri e magari contanto anche di più nella gerarchia del potere aziendale.

Ecco, sono convinto che non ci possiamo più permettere figure di questo tipo. Senza entrare in complicati ragionamenti socio-politici, mi pare che il contesto economico da una parte ("non c'è trippa per gatti", come direbbero alla London School of Economics) e le possibilità tecnologiche dall'altra, stiano prosciugando sempre più lo stagno di questi personaggi.
Non dico che succederà domani e nemmeno che queste figure scompariranno del tutto, ma mi piace pensare che in futuro si ridurrà molto l'influenza dei maneggioni e crescerà il valore e l'influenza di chi, per ora troppo dietro le quinte, crea le cose dal nulla. Dei makers, appunto.