sabato 14 settembre 2013

Aristotele non era un game designer (e nemmeno un dungeon mastrer)

Vi consiglio la lettura su gamasutra di questo brillante articolo

L'autore (che cita a sua volta un interessante articolo di Warren Spector), sostiene che la tipica struttura a tre atti, nata col teatro antico e trasposta con successo nel cinema, non si può applicare ai videogiochi, senza dare origine a parecchi problemi.
Afferma invece che è lo schema delle serie TV il più adatto ad essere applicato nel mondo del gaming.
Nelle moderne serie come Lost o Game of Thrones (giusto per citarne un paio di quelle care al sottoscritto) ogni puntata racconta una storia, ha un suo climax e una sua conclusione coerente. Allo stesso tempo, l'arco narrativo di una stagione viene portato avanti un po' alla volta, in modo tale che ogni singolo episodio contribuisca a raccontare una storia più ampia e di maggiore respiro.

Secondo Julius Kunschke, autore del post, un game designer che fosse alla ricerca della giusta struttura narrativa per il proprio videogame, dovrebbe fare in modo che ogni sessione di gioco abbia un proprio inizio, uno svolgimento e una fine. In altre parole, il gioco dovrebbe essere diviso in blocchi narrativi - proprio come le puntate di un telefilm - giocabili senza interruzione, capaci di regalare la sensazione di aver concluso una vicenda, oltre che di aver fatto progredire la storyline principale.


Lo stesso discorso si può in fondo applicare al gioco di ruolo tradizionale.

Le avventure dovrebbero essere disegnate tenendo conto delle sessioni di gioco, le quali a loro volta dovrebbero permettere di raccontare una vicenda coerente in un tempo di circa due-tre ore. Oltre ad aver aggiunto un nuovo tassello nel grande mosaico della campagna in corso, i giocatori e il master se ne tornerebbero a casa con la bella sensazione di essere stati protagonisti di una vicenda sensata (e quindi divertente, perché il nostro cervello trae piacere dalla ricerca di senso).

Non è affatto facile governare le molte variabili in campo e tenere tutti i giocatori coinvolti nella vicenda, in modo da concludere una storia coerente nel tempo di una sola sessione, ma ne vale decisamente la pena. La sfida, appunto, è quella di cominciare a progettare le singole sessioni, oltre che le "avventure"...

7 commenti:

  1. E' quello che succede in "Avventure in prima serata", ma è facilmente applicabile anche a "Il mostro della settimana". Difficile la sua applicazione su un gioco di ruolo tradizionale, come Dungeons and Dragons o Pathfinder.

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  2. Ciao Barbiomalefico,

    Penso sia difficile ma non impossibile. Bisogna preparare la sessione, conoscere bene i propri giocatori, rimaneggiare parecchio gli scenari che si acquistano (o magari, scriverne di propri). Ma penso ne valga la pena.
    D'altra parte qui siamo su "La Grande Quest" non su "La Piccola Quest" :-)

    Discorso a parte meriterebbero le meccaniche di gioco. Si possono anche passare due ore su un singolo combattimento (a me è capitato tante volte), ma, appunto, il combattimento deve in fondo rappresentare una vicenda di per sé...

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  3. Bisogna anche considerare una variabile: il "ca**eggio" dei giocatori.
    Non tutte le "serate" sono uguali come volontà e mentalità: a volte si è coinvolti e volenterosi, a volte si preferisce fare cose un po' meno utili ma più divertenti.
    Questo può influire molto sulla volontà di concludere "l'episodio", per quanto corto e semplice possa essere...

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  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  5. Posto che se ci si sta divertendo, lo scopo è raggiunto, in generale, meglio pensare a un contenuto che può essere concluso in un paio d'ore, tenendo presente la durata media di tre ore di una sessione...
    E poi, appunto, il gdr non ha solo elementi narrativi. A volte i giocatori si divertono a fare affari al mercato, o ad attacare briga nelle locande, o a lavorare di lima sulle abilità e l'equipaggiamento del proprio personaggio, in modo da migliorarne le capacità in combattimento. E il master deve improvvisare e dare loro corda. Ma, insisto, se al cuore della sessione di gioco c'è una vicenda sensata, la serata sarà più divertente. E col tempo tutti impareranno a tenere un certo ritmo e a non perdersi in troppi rivoli...

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  6. Concordo pienamente con l'articolo Spiff, e aggiungo che proprio negli ultimi mesi nel mio gruppo di giocatori ( siamo in 4 ) si è via via cercato sempre più di raggiungere l'obiettivo della sessione in corso ( raggiungere un luogo, assaltare un forte nemico, salvare un alleato da un campo prigionieri, convincere un gruppo a seguirci a seguirci...)
    Nel nostro gruppo il master cambia ogni 3 - 4 sessioni, e il master precedente riprende il proprio personaggio che è sempre stato presente come npc. Questo esperimento iniziato da un annetto ha portato a una prospettiva della campagna totalmente inaspettata e divertente :) e ha insegnato ad ognuno dei master a scrivere la propria sessione di gioco con l'obiettivo di portarla a termine nella serata, magari concludendo nelle 2 - 3 sessioni in cui masterizza, un obiettivo più grande che si incastrerà nella campagna generale.
    Vedetela come una storia a 'moduli', di cui la sessione è l'unità più piccola, piu sessioni fanno un 'episodio', e più episodi un 'libro' (coniata da noi)
    Alla fine vi ritroverete con una enciclopedia! eheheh

    Con i tempi a disposizione per giocare sempre più risicati e la stanchezza galoppante delle 23.30 (in quel caso ci si aiuta con un wiskhey o iniziamo a sbadigliare) questa soluzione, per noi trentenni-nerd, funziona alla grande :)

    ciao!
    Luke

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  7. Ciao Luke e grazie del tuo contributo: un esempio che funziona vale più di mille mille dichiarazioni d'intento teoriche. Sarebbe molto interessante per tutti i lettori di LGQ se poteste condividere qui un esempio di avventura monosessione e le vostre raccomandazioni per farla funzionare.

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